XI PREMIO EUROPA PER IL TEATRO
Questa XI edizione del Premio Europa per il Teatro ha luogo in Grecia, a Salonicco.
Ritrovarci e incontrarci a Salonicco, insieme all’inevitabile richiamo suscitato da una terra legata alle origini stesse del teatro, a noi ricorda anche gli inizi del Premio Europa e la funzione di cerniera culturale tra il nord e il sud dell’Europa che si è deciso di dargli sin dalla nascita. Il Premio è ospitato dal Teatro Nazionale della Grecia del Nord e finanziato del Ministero greco della Cultura.
La Giuria del Premio ha deciso all’unanimità di assegnare il Premio Europa per il Teatro XI edizione, per la prima volta ex aequo, a Robert Lepage e a Peter Zadek.
Robert Lepage, regista del Quebec, benché non europeo, esercita una influenza notevole sul teatro del vecchio continente, contribuendo a rinnovarne il linguaggio lavorando prevalentemente con attori europei e un repertorio, delle sensibilità e un régard che possono dirsi europei. Premiando ex aequo Peter Zadek si è voluto riconoscere il lavoro di un artista che, nella sua lunga carriera, iniziata in Inghilterra e proseguita per oltre quaranta anni in Germania, ha innovato l’arte della regia teatrale sia lavorando direttamente sui testi con i suoi attori prediletti, sia attraverso un uso “concettuale” della regia.
A Robert Lepage saranno dedicati un convegno e un incontro, seguiti dalla presentazione di alcuni estratti da spettacoli che il regista ha in allestimento. Anche il lavoro teatrale di Peter Zadek sarà al centro di un convegno e di un incontro. Zadek proporrà successivamente uno spettacolo: Peer Gynt di Henrik Ibsen realizzato con il Berliner Ensemble e con l’attrice simbolo del teatro tedesco, Angela Winkler.
Il IX Premio Europa Realtà Teatrali è stato assegnato a Alvis Hermanis e Biljana Srbljanovic.
Alvis Hermanis, attore, autore e scenografo dei propri spettacoli, che raramente nascono da opere teatrali e si ispirano piuttosto alla vita quotidiana. Il pubblico e i partecipanti al Premio Europa potranno apprezzare il teatro di Hermanis attraverso una conferenza, un incontro, le prove aperte di un nuovo spettacolo in allestimento e due spettacoli: Long Life, affidato alla compagnia lettone New Riga Theatre e Väter il suo ultimo spettacolo con lo Schauspielhaus di Zurigo.
L’ironia e il pessimismo di Bjliana Srbljanovic, in realtà veicolano, provocatoriamente, un preciso impegno per affermare, partendo dalla Serbia, valori importanti per l’Europa di domani: la libertà, la democrazia, il rispetto delle diversità. Per conoscere e incontrare questa giovane drammaturga serba, sono previsti una conferenza, un incontro, alcune letture da sue opere e dal suo ultimo testo inedito, lo spettacolo Locusts con lo Jugoslovensko Dramsko Pozorište.
Completano le attività della manifestazione: l’Assemblea Generale de l’Union des Théâtres de l’Europe, l’Assemblea Generale della Convention Théâtrale Européenne, La riunione del Comitato Esecutivo dell’Association Internationale des Critiques de Théâtre, la riunione dell’Instituto Internacional del Teatro del Mediterraneo e l’Assemblea straordinaria della Union des Critiques Hellènes de Théâtre et de Musique.
Robert Lepage
Motivazione
Autore, regista, attore al di là e al di sopra delle barriere nazionali e linguistiche, come si addice a radici europee di un abitante del Quebec, Robert Lepage che è anche regista e attore visivo in generale, è un autentico inventore di nuove forme di teatro e una personalità di primo piano per il periodo a cavallo con il recente cambiamento di millennio. In grado di conciliare i secoli in opere che superano non solo gli ostacoli geografici ma anche i confini della morte, come Tectonic Plates, che lo rivela nella seconda metà degli anni ’80 in due continenti con una trilogia che ne coinvolge un terzo, interessandosi ad una comunità di cinesi immigrati in Canada. Questo è solo il primo dei suoi spettacoli-fiume creati in fasi successive che variano man mano che le letture si affinano, dove il naturalismo e il simbolico si incontrano, per raggiungere un picco in I sette rami del fiume Ota, un’opera che ha raggiunto una durata di sette ore e mezzo nel 1997 dopo quattro anni di rappresentazioni.
Ma Lepage è anche un interprete sottile dei classici, a partire da Shakespeare, aggiornato come in un Coriolan situato durante una campagna presidenziale americana. E interpreta se stesso Amleto in Elsineur, uno di quei formidabili one-man-show di estrema raffinatezza tecnologica in cui a volte recita il proprio ruolo ma anche quello dei grandi artisti del passato, da Leonardo da Vinci a Cocteau e Miles Davis in Les aiguilles e L’oppio, divertendosi e divertendo con spettacolari cambiamenti di ruolo, come nel recente The Andersen Project, un esempio di come è possibile creare un genere teatrale attraverso la sovrapposizione di diversi generi molto diversi con una ricostruzione del passato in cui l’artista ci presenta un’ipotesi di teatro del futuro.
Peter Zadek
Motivazione
Peter Zadek realizza la sua prima messa in scena – Salomé di Oscar Wilde – all’età di 21 anni, nel 1947. Seduzione e distruzione sono i temi evocati, e se li comprendiamo come la seduzione di un’altra visione del teatro e del mondo e come la distruzione di ciò in cui crediamo (a torto) troppo sicuro, questi temi si riflettono fino ad oggi in innumerevoli spettacoli teatrali firmati Zadek.
La sua famiglia lasciò Berlino nel 1933, fuggendo dai nazisti, e emigrò a Londra. Il giovane Peter ricevette negli anni della guerra una formazione da insegnante. Chiamato a inculcare le certezze della vita borghese, cerca però il teatro, e scopre – l’incertezza, lo sconvolgente, il disastroso – la vita. Il lavoro di Zadek, la scelta dei pezzi, lo studio dei personaggi, l’esplorazione della forma scenica saranno passione, ossessione, immersione totale nella vita – e nel mondo del teatro.
Dal 1958, Peter Zadek lavora principalmente in Germania. Due ostaggi di Brendan Behan nel 1961 a Ulm, Il risveglio di primavera di Wedekind nel 1965 a Brema, La coppa d’argento di Sean O’Casey con Tankred Dorst a Wuppertal e, nel 1970, a Stoccarda – nelle piccole come nelle grandi città, queste rappresentazioni diventeranno dei segni del teatro del dopoguerra.
Direttore generale del teatro di Bochum, Zadek inventa con Fallada e Tankred Dorst una nuova forma di teatro popolare – commovente, di un comico toccante, mostruoso. Con questi lavori, fa saltare in un colpo solo il teatro politico degli anni 1960, diventato troppo didattico, e lascia la sensualità e il glamour riapparire sulla scena.
Lavora intelligentemente, ossessionato dagli attori, e minuziosamente, come è consuetudine nel teatro tedesco, ma allo stesso tempo possiede un dono inestirpabile per l’intrattenimento, l’istinto infallibile del tragicomico, un fantastico senso del ritmo. E così è ancora oggi.
Con Shakespeare, Cechov, Ibsen, rintraccia i pensieri e i sentimenti degli esseri umani. Ciò che, al momento, era ancora un personaggio sulla carta respira la vita, vi rimane impigliato, è vulnerabile, violento e reclama la propria forma. Che non ci sia uno «stile Zadek» è la conseguenza logica di ciò che occorre per infrangere il quadro delle convenzioni: una necessità.
È stato attaccato il suo Otello messo in scena nel 1976 ad Amburgo, accusato di provocazione razzista, si è invettivato contro le sue rappresentazioni a Brema negli anni ’60, chiamandole scandalose, alcuni hanno definito la sua Lulu pornografia, è stato criticato lo stile teatro di varietà di alcuni spettacoli negli anni ’70 e all’inizio degli anni ’90 – o è stato amato tutto questo dal profondo del cuore.
Come si ama la vita, l’aria che si respira, liberarsi dalle apparenti certezze. Come sulla scena politica, la vita, l’umanità hanno alzato la voce – con la caduta dei sistemi, con il cambiamento in Europa negli ultimi decenni. Ma non c’è la certezza di un futuro luminoso. L’incertezza è il tema del tempo presente, e rimane il tema del teatro di Peter Zadek. Possiamo certamente avere una sola certezza, la certezza che l’uomo è sconcertante e insondabile.
Ed è proprio questo sconcertante, questo insondabile che Zadek cerca sempre e sempre con i suoi ammirabili attori. Zadek è stato definito provocatore, disturbatore, corruttore, ma è un grande custode della vita, della passione, dell’amore, dell’anima – e in questo è un degno vincitore, e più ancora, del Premio Europa per il Teatro.
IX PREMIO EUROPA REALTà TEATRALI
Alvis Hermanis
Motivazione
(LETTONIA) Il fondatore del New Riga Theatre, Alvis Hermanis ha una memoria fantastica per i dettagli e gli oggetti di vita ordinaria. È uno di quei pochi che apprezzano la realtà che scompare. Potrebbe non amarla sempre, ma la apprezza. Guarda al passato con una nostalgia sfumata di ironia e cerca di non stilizzarla ma di ricostruirla. Nel suo famoso “Revisore” (Ispettore Governativo) un tipico racconto russo è stato trasformato in una tipica storia sovietica. Uno può guardarlo e ricordare l’odore di Kasa, lo sguardo occasionale di una sottoveste rosso acceso che fa capolino da sotto un vistoso vestito di cotone stampato, e volti femminili cambiati da strati di dozzinali cosmetici. Il vero eroe di questo e di molte altre produzioni di Hermanis era il tempo, un tempo che si era fermato. Ed è possibile dire dove. Si è fermato nella nostra memoria ed è davvero difficile separarsene. Non è consumato. Il regista lettone era un ragazzo in epoca sovietica; è giunto alla maturità quando il suo paese ottenne l’indipendenza. Guarda l’ex URSS contemporaneamente dall’interno e dall’esterno. Ed è per questo che il suo sguardo è sia distaccato che coinvolto. Questa doppia prospettiva conferisce una qualità stereoscopica sorprendente anche a semplici battute. “Long Life”, che è recentemente diventato un successo europeo, fa appello anche alla nostra memoria. «Hai mai visitato persone anziane sole? Ti ricordi i brutti mucchi di cose squallide stipate nei loro appartamenti? Occupano spazio e aria preziosi ma i loro proprietari non possono buttarli via, perché la loro vita passata è incarnata in loro». Nella produzione di Hermanis, quei cumuli sono riprodotti con talentuosa meticolosità. Tra le loro vecchie fotografie, tappeti, plaid e divani malconci, cinque vecchi sciamano, grugniscono, litigano e si amano dall’alba al tramonto. Sono interpretati da giovani attori che mantengono un sapiente equilibrio tra grottesco e realismo. Una passione per la documentazione e l’autenticità è un segno del nostro tempo – almeno, del nostro tempo così come è percepito dal teatro. Non è un caso che uno degli attuali metodi di scrittura drammaturgica più alla moda sia il verbalismo, la fedele riproduzione “parola per parola”. Lo stesso Hermanis è un maestro del verbalismo, ma del verbalismo teatrale. Ed è difficile trovare oggi un regista che possa competere con lui in questo stile.
Bjliana Srbljanovic
Motivazione
(SERBIA) Per lei e per la gente del suo paese che ha sofferto tanto, è senza dubbio l’epiteto “Premio Europa” ad essere importante, a conferma del fatto che i serbi sono stati presenti su questo continente e sempre lo saranno. Vivendo in Serbia e allo stesso tempo tempo in Europa, Biljana Srbljanovic non è stata per niente gentile con i propri compatrioti: nella “Trilogia di Belgrado”, ha rivelato tutta la loro doppia morale abilmente nascosta; poi, con rabbia, ha dipinto una loro caricatura in “Storie di famiglia”. L’autrice appartiene alla corrente della nuova drammaturgia europea; coraggiosa, aperta, brutale, non è critica solo nei confronti del suo paese: in “The Supermarket” è partita alla volta dell’Occidente superficiale, e non le manca l’audacia per attaccare e criticare “L’Amerika” – è in quest’opera che è ha raggiunto la maturità nella sua capacità di caratterizzazione psicologica profonda dei personaggi. “The Fall” analizza la gente che vive in paesi con regimi totalitari, e in “The Locusts”, torna indietro al proprio paese con l’animo per dipingere un quadro storico di quattro generazioni che si fronteggiano con il volto attuale del paese. Biljana Srbljanovic non è la sola autrice di teatro politicamente impegnata che critica con ferocia il regime del suo paese e la gente che supporta tale regime, partecipando al suo funzionamento: lo scorso anno, Harold Pinter in persona ci ha fatto capire che non è la sola a farlo. Per niente monocromatici, i Balcani di Biljana Srbljanovic hanno un paesaggio mozzafiato: rude, franco, litigioso e mistico. Più di tutti i suoi predecessori, questa autrice ha avvicinato i Balcani all’Europa, facendoci riflettere su quanto dello spirito dei Balcani è presente nella sua anima. La sua voce riecheggia forte per l’intero continente.
Giuria Premio Europa Realtà Teatrali
RENZO TIAN
Segretario permanente
Docente Università di Roma
Commissario straordinario Ente Teatrale Italiano fino al 2002
GEORGES BANU
Presidente onorario Association Internationale des Critiques de Théâtre
Docente Institut d’Etudes Théâtrales, Parigi
MANFRED BEILHARZ
Presidente Istituto Internazionale del Teatro (UNESCO)
Direttore Hessisches Staatstheater Wiesbaden
DANIEL BENOIN
Direttore Teatro Nazionale di Nizza
JEAN-CLAUDE BERUTTI
Presidente Convention Théâtrale Européenne
Direttore Teatro Nazionale di Saint Etienne
MARINA DAVYDOVA
Critico, Izvestia-Expert
IAN HERBERT
Presidente AICT – Association Internationale des Critiques de Théâtre
Critico, Theatre Record
ELI MALKA
Direttore Union des Théâtres de l’Europe
JOSé MONLEON
Direttore Instituto Internacional del Teatro del Mediterraneo
Direttore Primer Acto
MILOS MISTRIK
Critico, Slovenske Divadlo
FRANCO QUADRI
Critico, La Repubblica
ARTHUR SONNEN
Direttore artistico, Stichting International Culturale Activiteiten
Service Centre for International Cultural Activities